18/02/2009 PERCHE’ SALUTE E LIBERTA’

di Denis Ugolini

Primavera 2001. Cominciò così: mi sentivo molto stanco. Spossatezza. Si notava. Eccettuato questo, però, non sentivo particolarmente alterato il mio complessivo stato di salute. Intrapresi una serie di analisi su indicazione del mio medico. Dopo una gastroscopia arrivò il responso: tumore. Nei paraggi del duodeno e del pancreas. Non sapevo neppure cosa fossero. Non che ne sappia molto di più, adesso. Non ho mai voluto appropriarmi di terminologie specifiche. Colgo l’importanza di ogni cosa ci costituisce ed è parte di noi. Ma per il resto mi affido alla professionalità di quanti in modo specifico e competente si occupano di queste cose. Non ne conosco con particolare proprietà i vari nomi che lo qualficano nelle sue molte e differenti manifestazioni. Ma so cosa è il cancro. Ho provato cosa significa impattare con quello. Anzi, con la notizia che quello è lì, dentro di te, con te. Sgomento? Smarrimento? Una parola, qualche parola, qualche concetto? Non saprei come esprimere quanto e cosa si prova. Come si dice? È come se ti sentissi cadere la casa addosso. Non solo. Fui indirizzato dallo specialista. A Verona. Era operabile. Ricovero a luglio. Tutti i preparativi per l’operazione. In radiologia gli esami sono ripetuti alcune volte. Domani non si fa l’operazione. Occorre un ulteriore e più appropriato esame. Si palesa la presenza di un’altra bestia. Stavolta al polmone, in prossimità dell’arteria cava. Sapevo dell’aorta. Questa non la conosco. È ancora cancro. Un altro. Più grosso. Più urgente del primo. Incredulo? È dire poco. Mi viene di provare con l’ironia. È come quella pubblicità: paghi uno compri due. Ferma tutto. Torno a casa. Di nuovo in oncologia. Avvilito. Quanto mi resta? Quante sono queste bestie?Va bene: mettiamoci reazione. Cominciamo la chemio a base di cisplatino. Non chidetemi che cosa è. Non ne ho un’idea. Alcuni cicli di chemio con inevitabile corollario di nausea ed altro ancora.Bisogna minimizzare a più non posso. All’esterno, ma anche in casa. Il babbo sta combattendo da tempo il cancro al polmone. È di una sensibilità estrema. Mi vuole molto bene. Di più. Ne soffre.La sua ormai è una partita persa. Finisce il 6 settembre 2001. Continuo la chemio. Ma ho deciso che non sono ammalato. È una sfida. Facciamola. Non è facile. Frequento luoghi, vedo persone. Vedo, sento, incrocio dolore, sofferenze, tristezze, mestizia. C’è anche chi si vergogna del male che lo ha colpito. Perché? Quella chemio serve a restringere il tumore al polmone. Per vedere se si può operare. Mi guardo intorno. Ci guardiamo intorno. Anche i miei familiari. E altre persone care.Si può operare. Istituto europeo di oncologia. Dicembre 2001. E’ la prima volta che vado in una sala operatoria. La prima di una anestesia totale. Sono curioso. Vorrei cogliere il momento. Trapasso dolce. Al risveglio è diverso. Ci si accorge che ti han messo le mani addosso e dentro. Tutto bene, però. E uno.
Recuperate un poco le forze, è il momento del secondo. Febbraio 2002. Verona. Operazione lunga. Un mese di ospedale. Duro. Lungo. Molto duro, moltissimo. Ma che esperienza!Però, alla fine, e due!
Finalmente a casa. Debilitato assai. Ma in ripresa. Mio figlio è piccolo. Abbiamo cercato di tenerlo il più possibile “fuori” da vicende e momenti difficili. Non solo per me.Sacrificio grande anche per i miei familiari e talune amicizie. Assistito. Gratitudine immensa.Postumi ve ne sono. Ci si convive e si impara a farlo. Cambiamento? Tanto, tante cose, sotto diversi punti di vista. C’è anche una menomazione di risulta: a seguire l’intervento al polmone, una corda vocale ha deciso di non volerne più sapere. Paralizzata. Difficile parlare e farsi sentire. Una fatica. Altri avranno pensato una benedizione. Si provvederà, in qualche modo. Intanto rifletto su una fortuna che comunque mi è toccata: quei due tumori è stato possibile aggredirli chirurgicamente. Diagnosticati in tempo utile per riuscirci. Penso a quanto mi è capitato di vedere e di frequentare tutto intorno a me. E se non parlassi di fortuna non sarei onesto e neppure realista. Come si dice? Sono di nuovo in pista, dimagrito, un poco debole, ma in pista. Si può riprendere anche la voce. Ancora sala operatoria. Piccolo intervento: grasso animale compatibile dentro la corda vocale paralizzata, per ingrossarla tanto quanto basta perché l’altra vada a sbatterle addosso e farmi parlare.Mi ero appena predisposto a riavviare un poco le mie cose, tanta era stata la cesura con esse, in un arco di tempo assai lungo e non facile. Denso di molto altro. Qualcosa, però, non va. Non riesco a fare neppure la mia firma. La parte destra del mio corpo è quasi dissociata dal resto. Risonanza.Un’altra bestia. In testa. Zona cervelletto. Metastasi derivante dalla questione polmonare. Cortisone. Altro ricovero. Altro intervento. Radiochirurgia, stavolta. Raggi GammaKnife. Aprile 2002. Sarà finita? Smarrimento è una parola, ma sottende una varietà immensa di stati d’animo, di emozioni, di apprensioni, di timori. Sottolineati e acutizzati da disagio, sofferenza, dolore. Inevitabili. Ogni soggettività è un universo suo. Impossibile con poco anche solo rendere l’idea. Dicevo che due bastavano. Anche un terzo. Una mazzata. Ma dopo aver affronatato le altre prove verso le quali m’ero posto con sfida, che fai, molli? No, la rinnovi. Non è una passeggiata. Ma avanti ancora.
Durante questo percorso non sono mancati altri colpi duri. Altrettanto duri. Anche mia madre ha dovuto affrontare un intervento chirurgico: ancora cancro. Tutto bene, per fortuna. Che periodo!
È stata un’esperienza che ha segnato, molto. Solchi profondi. Di una ricchezza enorme. Non avrei mai potuto immaginare una cosa del genere. La rifletto come la più straordinaria esperienza della mia vita. Ripercorro il mio tempo anagrafico, peraltro non ancora esagerato, e sento davvero che senza di quella sarei, oggi, molto più povero. Ho avuto meravigliosi affetti intorno a me. Sono stato molto con me stesso. Ho incrociato e impattato con molte persone ammalate. Nelle corsie di diversi ospedali. Gli sguardi. Che libro sono gli occhi e gli sguardi!
Quanto è importante il modo con il quale è trattato, assistito l’ammalato! Rilevantissimo il rapporto del personale sanitario, di ogni livello, con l’ammalato. Ho visto cose funzionanti ed altre meno. Non c’è solo mala sanità. C’è anche buona sanità.

Ci sono molti problemi che meritano assolutamente di essere affrontati e risolti. C’è anche tanta qualificazione, esperienza, competenza, capacità. Professionalità eccellenti. Altre meno.
Strutture attrezzate. Tecnologie e macchinari avanzati, moderni, sofisticati. Diagnosi e cura hanno fatto progressi da gigante. Non c’è nulla più del cancro che già alla sola notizia, richiama il pensiero e la paura della morte. Con la morte tutti dobbiamo fare i conti. Inevitabile. Ma per quanto tutti, talvolta, abbiano avuto modo di rivolgerle il pensiero, essa stava ad una indefinita distanza, lontana. No, in quel caso il pensiero è stringente. Non più un pensiero lontano, ma un sentire vicino. Il cancro, il “malaccio” invincibile. Che non lascia scampo. Inesorabile breve percorso di un destino inesorabilmente segnato. Il senso pervasivo dell’assoluta impotenza. Rinuncia. Scaricata ogni energia. Come se fosse strappata la spina che fino a un attimo prima l’alimentava. Invece la scienza, le innovazioni e le scoperte nel campo medico, tecnologico, farmacologico hanno spostato altrove la percezione stessa dell’incurabilità del cancro e il concetto stesso della sua identificazione con l’anticipo violento, irreversibile, di una morte prematura. Se il cancro, ancora, non si può tranquillamente vincere, tuttavia lo si può affrontare, colpirne la forza, l’espansione, indurlo a battersi e a non farlo padrone assoluto della nostra vita e di quel che resta della nostra esistenza. Sempre più crescono le possibilità di colpirlo, di estirparlo, di ridurlo in un angolo, fiaccato, privo di quella protervia ed esuberante forza attraverso la quale si imponeva come icubo. Inesorabile, dispotico, demoniaco. Gli avanzamenti raggiunti in campo scientifico e tecnologico. Certe maestrie professionali che ad esse si dedicano, hanno consentito di mutare i concetti stessi che abbiamo di molte cose. Perfino della vita e della morte. Già! Anche queste concezioni non possono non risentire, positivamente, di tutto questo che di nuovo e avanzato, oggi, si dispone e prima non c’era. A tal punto, come oramai è comunemente acquisito, a prescindere dalle legittime e diverse opinioni di ognuno, che le nostre stesse liberà individuali si arricchiscono di concetti, di ambiti, di oppurtunità e di orizzonti impensabili in tempi addietro e neppur tanto remoti.

Salute e libertà. Il binomio – ne sono profondamente convinto – che fa piena la vita ed il senso della vita. Ciò che più spesso mi si ripropone innanzi, che la mia memoria si attiva a evidenziare sono gli sguardi. Quegli sguardi. Molti. Diversi. Dietro ognuno di essi, nella originale soggettività di ognuno, siano essi ammalati o di persone in vario modo affettivamente congiunti ad essi, traspare la sofferenza, l’apprensione, l’emozione, il turbamneto, la dignità, la forza, il sentimento. E non è solo la memoria che li evidenzia. Anche la quotidianità giornaliera. Non vedo il cipiglio di alcuna arroganza. Non vedo l’espressione di uno status, la tenacia di un concorrente, l’antipatia di un antagonista. Scorgo, mi pare di scorgere, il senso di un bisogno, di una esigenza. Non di compatimento. Di comprensione, di aiuto e di solidarietà effettiva. Quella per la quale tutti ci sentiremmo meno soli e più forti. E di questo vi è bisogno, soprattutto per fronteggiare certe sfide e certe situazioni. Non è molto. Sicuramente troppo poco. Ma qualcosa che cercherò e cercheremo ( come posso non essere infinitamente grato a coloro che hanno inteso condividere con me questa iniziativa!) di rendere utile. Intanto con le possibilità, i modi, e gli strumenti di cui disponiamo. E che stiamo cercando di mettere a conoscenza di quanti vorranno avvalersene. Questo è il senso, una delle motivazioni, dalle quali origina l’Assiociazione Salute e Libertà. Faremo iniziative per sensibilizzare su diverse questioni, per mettere a fuoco i vari problemi che toccano le persone che si battono contro il cancro. Per offrire la conoscenza, la più diffusa possibile, delle molte opportunità che si offrono, nel campo della scienza, della diagnostica, della cura. Delle straordinarie specializzazioni che ci sono e alle quali si può fare riferimento. Solleciteremo l’attenzione e l’approfondimento di problematiche fondamentali, come quelle che ineriscono il rapporto fra medici, personale sanitario e pazienti; fra medici e medici, in particolare rilevando l’importanza dello scambio delle conoscenze e delle informazioni, e la collaborazione effettiva fra questi, in funzione del malato. Faremo anche iniziative che possano favorire un concorso di contributo a progetti di ricerca scientifica volti al progresso della lotta contro il cancro. O anche per progetti e scopi precisi e concreti che aiutano a fronteggiare bisogni e che esplicano una concretezza assoluta e benefica di effettiva solidarietà. Cercheremo di favorire la possibilità di un dialogo, di parlarsi, di “confidarsi”, di scambiarsi esperienze, che è un modo di condividere uno stato che si vive o che si è vissuto. Sono cose che aiutano. Intanto, e vale per molti, per non vergognarsi di essere ammalati di cancro. Perché non c’è nulla di cui vergognarsi. C’è solo un nemico della nostra salute al quale far guerra. E il primo avamposto, tenace, irrisoluto, di quell’esercito – in cui pure è dispiegata tanta scienza e sanità – che è in campo per la battaglia, siamo noi, il nostro spirito combattivo, la stima di noi stessi, i nostri affetti, il mondo caro che ci circonda.
Per tutto questo e quel che ancora riusciremo a fare, c’è intanto anche un sito internet: www.saluteliberta.com.
Un luogo, uno strumento che aiuterà gli scopi che ci siamo prefissati.

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